Project Mind

Pierluigi Simonato, MD, Psychiatrist, Ph.D • 8 luglio 2025

Karl Deisseroth - Projections: A Story of Human Emotions | Recensione e analisi clinica




Cosa ci rende umani? Cosa accade nel nostro cervello quando soffriamo, quando amiamo, quando siamo soli o sopraffatti da un dolore che sembra troppo grande da contenere? In Projections, Karl Deisseroth – psichiatra clinico, neuroscienziato e inventore dell’optogenetica – ci accompagna in un viaggio straordinario attraverso le profondità della mente umana. Un viaggio che intreccia in modo raro la sensibilità clinica, l’introspezione personale e la precisione della ricerca scientifica.

Deisseroth è un pioniere. Ha rivoluzionato le neuroscienze con l’introduzione dell’optogenetica, una tecnica che consente di attivare o silenziare specifici neuroni usando la luce. Questa tecnologia ha permesso per la prima volta di osservare in tempo reale gli effetti dell’attivazione di circuiti cerebrali su pensieri, emozioni e comportamenti. Nell’ambito della salute mentale, l’optogenetica rappresenta uno degli strumenti più potenti per comprendere le basi biologiche delle emozioni.

In questo libro, tuttavia, non troviamo un manuale tecnico, ma piuttosto un racconto intimo e universale: ogni capitolo parte da un incontro clinico con un paziente e si apre a riflessioni profonde sul funzionamento della mente. Come psichiatra, ho ritrovato in queste pagine molte delle domande che mi pongo ogni giorno nella mia attività professionale.


Optogenetica: accendere e spegnere i neuroni con la luce


Uno degli elementi più affascinanti del libro è l’uso ricorrente della luce come metafora, ma anche come realtà concreta. Questo perché Deisseroth non è solo uno psichiatra: è anche l'inventore dell’optogenetica, una tecnica rivoluzionaria che ha cambiato per sempre le neuroscienze.

Ma cos’è, esattamente, l’optogenetica?


Un approfondimento divulgativo

L’optogenetica è una tecnologia che permette di controllare l’attività dei neuroni usando la luce. In pratica, i ricercatori introducono nei neuroni delle proteine fotosensibili (opsine), prese da alghe o batteri, che rispondono alla luce. Una volta attivate, queste proteine permettono di accendere o spegnere selettivamente intere popolazioni neuronali.

Immaginate di poter attivare, con un impulso luminoso, solo quei neuroni della corteccia prefrontale coinvolti nell’empatia. O di inibire, con precisione millimetrica, i circuiti dell’amigdala che alimentano la paura patologica. È ciò che l’optogenetica consente di fare nei modelli animali. E grazie a questo strumento, oggi comprendiamo molto meglio i meccanismi alla base di disturbi come la depressione, la schizofrenia, l’ansia, la catatonia.

Deisseroth ha portato questa luce dentro il cervello, ma nel libro si interroga su un'altra luce: quella della consapevolezza, della relazione, dell'ascolto.



La solitudine secondo le neuroscienze

Nel primo capitolo, Deisseroth affronta il tema della solitudine, non solo come condizione sociale ma come esperienza neurologica e affettiva. Racconta la storia di una paziente apparentemente "funzionante" ma profondamente sola. Le neuroscienze mostrano che l’isolamento prolungato altera il funzionamento delle aree cerebrali legate all’elaborazione sociale, come la corteccia prefrontale mediale. Questo corrisponde all’esperienza clinica di tanti pazienti che, pur avendo relazioni, si sentono invisibili. Come terapeuti, siamo chiamati a riconoscere e validare questa sofferenza invisibile.


Schizofrenia e salienza: come il cervello attribuisce significato

Il secondo capitolo tratta della salienza, cioè della capacità del cervello di attribuire importanza agli stimoli. Quando questo meccanismo si altera, come nella schizofrenia, elementi neutri acquisiscono un significato eccessivo o delirante. Deisseroth racconta il caso di un giovane paziente psicotico e descrive come l'eccessiva attivazione dopaminergica nello striato possa spiegare questi fenomeni. Nella pratica clinica, questo ci aiuta a comprendere la logica interna del delirio: non è irrazionale, ma una forma di attribuzione di senso che nasce da un cervello disallineato.


Proiezioni mentali: la mente che riflette sé stessa

Nel terzo capitolo, il tema è la proiezione: il modo in cui attribuiamo agli altri emozioni che non riconosciamo in noi stessi. Deisseroth intreccia la teoria psicoanalitica con le neuroscienze affettive, mostrando come la disregolazione delle connessioni tra l’amigdala e la corteccia prefrontale possa favorire questi meccanismi. Il caso clinico è quello di una paziente con tratti paranoidi. Nel mio lavoro, ho spesso visto come le proiezioni possano erodere le relazioni e alimentare circoli viziosi di isolamento: portarle alla coscienza è parte del processo terapeutico.


Catatonia: clinica e neurobiologia di uno stato misconosciuto

Un capitolo particolarmente potente è quello dedicato alla catatonia, uno stato poco compreso e spesso confuso con la depressione grave. Deisseroth descrive una paziente muta e immobile, il cui trattamento con benzodiazepine produce un cambiamento drammatico. Spiega come la catatonia sia legata a un blocco dei circuiti motorio-motivazionali. Personalmente, ho imparato a riconoscere i segnali sottili di questo stato e a non confondere la mancanza di risposta con una mancanza di coscienza: dietro il silenzio, c'è spesso un mondo inascoltato.


Il suicidio e il cervello: neuroscienze e dolore psichico

Il tema del suicidio è trattato con una delicatezza rara. Deisseroth condivide la storia di un paziente perso, e riflette sul modo in cui la disconnessione dai circuiti dell’empatia e della rappresentazione del sé possa condurre al gesto estremo. Il suicidio emerge come una risposta neuropsichica alla disperazione e alla perdita di significato. Questa visione non toglie nulla alla responsabilità personale, ma amplia la nostra capacità di comprendere. In ambulatorio, ogni pensiero suicidario è per me un segnale d’allarme ma anche una finestra sulla profondità della sofferenza.


Memoria e trauma: cosa ci dicono le neuroscienze

Nel capitolo sulla memoria, Deisseroth racconta di come i ricordi traumatici possano rimanere bloccati, non integrati nella narrazione del sé. Le neuroscienze mostrano come l’ippocampo e la corteccia entorinale collaborino alla costruzione del ricordo episodico. Nei disturbi post-traumatici, questo processo si interrompe. Come clinici, aiutare i pazienti a "ri-narrare" la propria storia non è solo un atto terapeutico, ma un intervento biologico.


Empatia e cervello: come ci connettiamo agli altri

Infine, il capitolo sull’empatia chiude il cerchio. Deisseroth parla dei neuroni specchio, dell’insula, della corteccia cingolata anteriore. L’empatia non è solo una virtù morale, è una capacità neurale. Quando manca, il contatto umano si spezza. Questo per me è un promemoria quotidiano: ogni gesto clinico efficace nasce dall’empatia, non come emozione generica, ma come sintonizzazione profonda.


Conclusione

Projections è un libro che consiglio a chiunque voglia capire meglio l’animo umano, la psichiatria e la neuroscienza contemporanea. La sua forza sta nell’aver unito il rigore della ricerca con la compassione dell’ascolto. Deisseroth non ci offre risposte semplici, ma strumenti per porci domande migliori. E, soprattutto, ci ricorda che ogni paziente è una storia, un cervello, una persona. In un tempo in cui la salute mentale è più che mai al centro dell’attenzione, questo libro illumina – letteralmente e metaforicamente – il nostro modo di vedere l’altro.


Grazie di cuore per il vostro interesse.



Pierluigi Simonato



Bibliografia essenziale:

  • Deisseroth K. (2021). Projections: A Story of Human Emotions. Random House.
  • Deisseroth K. (2011). Optogenetics. Nature Methods, 8(1), 26–29.
  • Northoff G. (2014). Resting state activity and the ‘self’ in depression. Neuroscience & Biobehavioral Reviews, 52, 1–10.
  • Menon V. (2011). Large-scale brain networks and psychopathology: a unifying triple network model. Trends in Cognitive Sciences, 15(10), 483–506.
  • Insel T. (2022). Healing: Our Path from Mental Illness to Mental Health. Penguin Press.


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